Resistenza ad un pubblico ufficiale: scappare a piedi non è reato
Se dinanzi ad un posto di blocco ti limiti a scappare a piedi, senza usare violenza o minaccia, tale condotta non integra il delitto di resistenza ad un pubblico ufficiale.
La semplice fuga o il divincolarsi (senza usare violenza) al compimento dell’atto, non integra il delitto di resistenza a un pubblico ufficiale.
Indice
Guarda il video per capire quando scappare a piedi non integra il reato di resistenza a un pubblico ufficiale
Il caso concreto
Circa sei mesi fa, ho incontrato in studio un ragazzo (appena 21enne) il quale assumeva di essere vittima di una grave ingiustizia.
Tizio, nome di fantasia, mi mostrava il decreto di citazione a giudizio nel quale gli venivano contestati i gravi delitti di resistenza ad un pubblico ufficiale e ricettazione.
La contestazione
Al mio nuovo cliente venivano contestati i delitti di resistenza ad un pubblico ufficiale1e ricettazione2.
Tizio, in concorso con Caio, alla guida del veicolo XXXX, auto di provenienza illecita, Tizio avrebbe usato violenza per opporsi agli agenti di pubblica sicurezza.
Violenza consistita nel:
- non fermarsi all’alt intimato dalle forze dell’ordine e nell’arrestare bruscamente la marcia del veicolo;
- abbandonando il veicolo al centro della carreggiata, per poi darsi alla fuga ed essere successivamente fermato all’esito di un lungo inseguimento.
L’ingiustizia
Tizio, come anzidetto, si dichiarava innocente, e soprattutto, affermava di essere vittima di un’ingiustizia.
Secondo Tizio, a dispetto di quanto indicato nell’imputazione, egli non era alla guida dell’auto rubata, ma era un semplice passeggero inconsapevole della provenienza delittuosa della vettura.
La condotta dell’imputato nell’immediatezza del fatto
Tizio, dunque, non essendo alla guida della vettura, non aveva la facoltà di “arrestare bruscamente la marcia del veicolo”.
L’unica sua “colpa” è stata quella di scappare a piedi e farsi rincorrere dall’agente di polizia, per poi essere acciuffato dopo pochi metri, senza opporre alcune resistenza, violenza o minaccia.
L’attività dell’avvocato
Dopo aver ascoltato la versione di Tizio, ho immediatamente recuperato gli atti di indagine per trovare un sostegno a quanto asserito dal mio cliente.
Dalla lettura del fascicolo del pubblico ministero, a dispetto di quanto indicato nel capo di imputazione, Tizio risultava non essere alla guida dell’autovettura rubata e non aver compiuto alcuna resistenza al momento dell’arresto.
La scelta del rito processuale
Alla luce di tali atti, concordemente con Tizio, ho deciso di scegliere il rito abbreviato:
- perché l’istruttoria dibattimentale non avrebbe potuto offrire nessun contributo utile al processo (i poliziotti non avrebbero potuto dire nulla di più di quanto indicato negli atti);
- per beneficiare, in caso di condanna, dello sconto di 1/3 previsto dalla legge.
In altri termini, gli atti presenti nel fascicolo di indagine erano a nostro favore, pertanto non aveva senso affrontare un processo ordinario.
Le mie considerazioni giuridiche relative alla resistenza ad un pubblico ufficiale (estratte dalla memoria depositata in udienza)
Tizio non era alla guida della vettura rubata, pertanto non aveva alcun poter sull’autoveicolo.
Parimenti, è penalmente irrilevante la successiva fuga essendo tale condotta pacificamente inquadrabile quale mera resistenza passiva.
Sul punto, dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la fuga in quanto tale, non integra il reato di resistenza.
Il reato di resistenza ad un pubblico ufficiale necessità che alla fuga si accompagnino manovre che concretino l’esplicazione di una vera e propria intimidazione contro il pubblico ufficiale atta a paralizzare o, quanto meno, a contrastarne l’attività.
La mera fuga, dunque, unica condotta ascrivibile all’imputato, è qualificabile come resistenza passiva e pertanto penalmente irrilevante, come meglio specificato dalla Cassazione.
“la fuga in quanto tale, considerata astrattamente, non integra il reato di resistenza, proprio perché il semplice sottrarsi all’incontro o al semplice contatto con il pubblico ufficiale concreta un atteggiamento non violento e non minaccioso”3.
Le mie considerazioni giuridiche relative alla ricettazione (estratte dalla memoria depositata in udienza)
L’esatta ricostruzione della condotta di Tizio, quale mero passeggero, riverbera effetti anche sul secondo capo di imputazione, ossia la ricettazione dell’autovettura.
Tizio, passeggero dell’autovettura, non ha acquistato, ricevuto o occultato alcunché. Inoltre, non ha mai avuto il possesso sul bene oggetto di ricettazione, né ha tratto profitto dal tale situazione.
Analogamente, l’imputato non era consapevole della provenienza illecita dell’autovettura, né aveva un dovere di porsi tale domanda essendo egli un semplice passeggero.
Pertanto, non può essere mosso alcun rimprovero a Tizio, il quale si è ritrovato a sua insaputa a bordo di un’auto di provenienza delittuosa.
Sul punto, si evidenzia che non è sufficiente la condizione di passeggero per estendere a quest’ultimo la responsabilità del conducente di un’auto di provenienza delittuosa.
Questo vale anche quando la frequentazione intercorrente tra i due lasci desumere la comune consapevolezza in ordine all’origine illecita del veicolo.
Non può, difatti, escludersi, che tale consapevolezza sia stata acquisita dal passeggero successivamente alla ricezione, acquisto o furto del veicolo senza configurabilità del concorso morale a posteriori per adesione psicologica al delitto di ricettazione commesso da altri4.
La decisione del giudice
Il giudice, dott.ssa Amelia Primavera della III sezione penale del Tribunale di Napoli, ha sposato la mia linea difensiva, e con la sentenza n. 10002/2018 ha assolto l’imputato da entrambi i capi di imputazione.
Secondo il giudicante, in merito alla resistenza ad un pubblico ufficiale
“Tizio, invero, si trovava quale passeggero a bordo di un’autovettura rubata e, dopo che il conducente aveva arrestato la marcia, per eludere il controllo delle forze dell’ordine, era sceso tentando di scappare a piedi.
A parere della scrivente, un tale comportamento non può essere sussunto nell’ambito della previsione incriminatrice di cui all’art. 337 c.p., non essendosi l’imputato reso autore di alcuna condotta violenta né pericolosa per l’incolumità personale degli agenti di polizia e degli altri utenti della strada.
Nel caso di specie ciò non si è verificato, non essendovi stato, da parte del prevenuto, alcun impiego di forza per sottrarsi al controllo delle forze dell’ordine, ma solo una reazione spontanea ed istintiva alla possibilità di controllo, reazione peraltro obiettivamente non pericolosa, essendosi realizzata con una fuga a piedi”.
Relativamente alla ricettazione del veicolo
“La circostanza, poi, che Tizio si trovasse nell’autovettura in oggetto quale passeggero induce a ritenerlo estraneo anche al delitto di ricettazione, non essendovi alcuna prova che egli abbia concorso con XXXXXX nella ricezione del bene di provenienza delittuosa.
Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni precisato che non risponde del reato di ricettazione colui che, non avendo preso parte alla commissione del fatto, si limiti a fare uso del bene unitamente agli autori del reato, pur nella consapevolezza della illecita provenienza, non potendosi da questa sola successiva condotta desumere l’esistenza di una compartecipazione quanto meno d’ordine morale, atteso che il reato di ricettazione ha natura istantanea c non è ipotizzabile una compartecipazione morale per adesione psicologica ad un fatto criminoso da altri commesso5”.
Conclusioni
Il giudice ha aderito alla mia idea, confermando che la mera fuga, senza violenza, non integra il delitto di resistenza ad un pubblico ufficiale.
Parimenti, Tizio non risponde del reato di ricettazione poiché questi non aveva la disponibilità o possesso dell’autovettura rubata.
Pertanto, se dinanzi ad un posto di blocco, ti limiti a scappare a piedi, senza usare violenza o minaccia, tale condotta non integra il delitto di resistenza ad un pubblico ufficiale.
La semplice fuga o il divincolarsi (senza usare violenza) al compimento dell’atto, non integra il predetto reato.
Iscritto dal gennaio 2015 all’ordine degli avvocati di napoli.
Appassionato di nuove tecnologie e di tutto ciò che gravita intorno al diritto penale.
Note
- Art. 337 del Codice Penale
- Art. 648 del Codice Penale
- Cass. pen., VI sez., sentenza ud. 29 maggio 1996, n. 7061; Cass. pen., VI sez., sentenza n. 17061 del 2017
- Tribunale Roma, IX Sezione Penale, sentenza del 17 luglio 2006, n. 15229
- Cass. Sez. 5, n. 42911 del 24/09/2014, Lommito, Rv. 260684; Sez. 2, n. 51424 del 05/12/2013, Ferrante ed altri, Rv. 258582; n. 23395 del 13/04/2011 Faccioli e altri, Rv. 250689